Dall’Introduzione di Roberta
Sequi
Forse un modo per avvicinare súbito il lettore all’opera
di Kunvar Narayan è citare la definizione che della poesia
egli stesso aveva dato nel prologo alle sue liriche pubblicate
nell’antologia Terzo settetto (Tsira Saptak,
1959), dove affermava che essa è la «critica della
vita».
Nelle ventiquattro poesie qui scelte, tutto l’intreccio
di atmosfere se da una parte rivela l’impianto profondamente
strutturale di Nessuno è altro, dall’altra
intende visualizzare il disegno olistico del poeta. Le diversità
devono restituire l’idea dell’unità e dell’identità.
Il poeta, senza mai indugiare nell’eccessivo culturalismo,
alterna l’uso di ricercate strutture formali (come la costruzione
genitivale persiana) e di preziosismi lessicali alle espressioni
del parlato, ricorrendo di volta in volta a matrici linguistiche
diverse: hindi, sanscrito, urdu, persiano, inglese. In particolare,
l’urdu intensifica il richiamo del passato con le sue sonorità
e la sua carica evocativa, mentre il sanscrito, nella sua purezza
diamantina, illumina la percezione metempirica e la speculazione.
Elegantemente abrasivo nei versi di contenuto civile, il linguaggio
si fa carezzevole nelle liriche sulla natura, riproducendosi in
chiavi sempre differenti.
Arrivare a casa
Tutti noi con un treno diretto
vogliamo arrivare alle nostre case
Tutti noi vogliamo evitare
nel cambiare treni i fastidi
Vogliamo tutti un ultimo viaggio
e una dimora estrema
Pensiamo dolorosi i viaggi
e salvezza la casa
La verità può anche essere
che il viaggio sia un’occasione
e la casa una possibilità
Che cambiare treni
sia come cambiare pensieri
e quando dove in mezzo a chi siamo
questo sia
arrivare a casa.
Necessità della poesia
Molto può dare la poesia
perché molto può essere la poesia
nella vita
se le diamo spazio
come gli alberi danno spazio ai fiori
come la notte dà spazio alle stelle
possiamo riservarle
dentro di noi da qualche parte
un angolo
dove tra terra e cielo
dove tra uomo e Dio la distanza
sia minima.
Certo, se uno vuole, può vivere
una vita del tutto priva di poesia
può amare
di un amore privo di poesia.
All’ottavo piano
Questo piccolo appartamento
all’ottavo piano
ha due finestre
che guardano all’esterno.
Da solo nell’appartamento
insieme alle finestre
che guardano all’esterno a una simile altezza
stare continuamente
è spaventoso.
Su entrambe
ho fatto montare robuste inferriate
pur sapendo
che all’ottavo piano
l’impudenza di entrare da fuori
quasi nessuno può avere...
In realtà non dell’esterno
ma dell’interno ho paura
che spaventato dalle circostanze
o stufo di me stesso
un giorno sia io
a saltare fuori dall’interno.
Un invito inaspettato
Dopo anni – come dopo secoli –
il suo biglietto d’invito
(con una nota personale!)
stasera
a cena con me
accresca lo splendore della festa
è vivamente desiderata
la sua presenza
per cortesia venga senz’altro
ne saremo onorati
in attesa
suo...
(i giorni dimenticati sono testimoni)
oggi lui è in attesa di risposta!
Torni piú volte questo giorno propizio
in cui lui sia un’attesa
e io un punto interrogativo!