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Amir Or, Tredici poesie

Traduzione dall’inglese e cura di Paolo Ruffilli

 | 7,00 € | pp. 48 | 12x18 | 978-88-97341-68-0 | The Writer, Milano 2014 |

Da La fisiologia onirica di Amir Or di Paolo Ruffilli

Dal confronto con la realtà e dalla sua esperienza di vita, comprese le delusioni e le sconfitte, Amir Or esce con la volontà di dare testimonianza delle aporie del mondo attraverso la poesia. Una poesia che è volta ad opporre il segno di una ragione tagliente non solo e non tanto alla crudeltà degli uomini e delle loro azioni, ma alla sordità indifferente e alla miopia egoista.
Al di là delle apparenze, non è poesia engagée. Se mai, si dovrebbe parlare piuttosto di poesia pamphlet, cioè di un discorso che contempla e comprende la denuncia di un processo di contaminazione, di inquinamento, peggio di decomposizione, della natura e dell’uomo.


La lingua dice

La lingua dice: prima la lingua
mette in piedi una lingua. La lingua è traccia
macchiata nel profondo.
La lingua dice: ascolta ora.
Tu ascolti: ma ti arriva
l’eco.

Prendi il silenzio e cerca di rimanere in silenzio.
Prendi le parole e provati a parlare:
oltre la lingua, la lingua è una ferita
da cui il mondo scorre e fluisce.
La lingua dice: è, non è, è,
non è. La lingua dice: Io.
La lingua dice: vieni, lasciati parlare,
lasciati maneggiare, vieni su, di’
cosa hai detto –

LANGUAGE SAYS Language says: before language | stands a language. Language is traces | stained by over there. || Language says: listen now. | You listen: here was | echo. || Take silence and try to be silent. | Take the words and try to speak: | beyond language, language is a wound | from which the world flows and flows. | Language says: is, is not, is, | is not. Language says: I. | Language says: come on, let’s speak you, | let’s handle you; come on, say | you’ve said –


Alcuni dicono

Alcuni dicono che la vita è una continuazione
nell’alternativa;
altri dicono – una conquista, alcuni pongono un segno di uguale

tra la vita e la sua assenza, e altri dicono che la vita
ci è stata data per servire coloro le cui vite

non sono una vita. Io dico: voi.
E questo è facilmente spiegabile: ancora una volta la notte avvolge

ciò che può essere visto. A casa le lampade sono accese. E alla luce non c’è
sguardo
ad eccezione di quello proveniente dallo specchio, nulla se non ciò che vede me

che guardo, e non porta liberazione, ma desiderio, non la morte
ma la vita. E prendo da questo sguardo il caldo e il freddo – la notte
tutto avvolge –

e io desidero fortemente chi mi vede attraverso il contatto,
e non mi ricordo una cosa. Solo questo.

SOME SAY Some say life is continuing in the face of the alternative; | some say – conquest; some stretch an equals sign || between life and its absence; and some say that life | was given us to serve those whose lives || are not a life. I say: you. | And this is easily explained: once again night envelops || what can be seen. At home lamps are lit. And in the light there’s no | glance | except the one from the mirror, nothing except what sees me || seeing it; and it brings not release but longing, not death | but life. And I take from this gaze the warm and the cold – night | envelops everything – || and I long for the one who sees me through touching, | and I don’t remember a thing. Only this.


Immortalità

Tre cuochi
che puliscono le interiora,
le riempiono di gamberi e funghi.
Ci sono voluti dodici tuorli d’uovo,
tre bottiglie di vino bianco,
venti spicchi d’aglio,
sale, pepe, erbe aromatiche,
500 grammi di burro
e nonostante la ricetta precisa che lui ha lasciato
non poco talento e improvvisazione.
Tre ore in forno,
una bianca tovaglia, candele rosse,
insalata verde, champagne.
Che cosa posso dire?
Ha liberato la lingua e proibito l’elogio.
Proprio come nella vita era carne e sangue,
da morto squisito e amato.

IMMORTALITY Three cooks | cleaning out the innards, | stuffing with shrimps and mushrooms. | It took twelve egg-yolks, | three bottles of white wine, | twenty cloves of garlic, | salt, pepper, herbs, | 500 grams of butter | and despite the precise recipe that he left behind | not a little talent and improvisation. | Three hours in the oven, | a white table-cloth, red candles, | green salad, champagne. | What can I say? | He freed the tongue and forbade the eulogy. | Just as in life he was flesh and blood, | dead and delicious and loved.


Epitaffio

Lascia la strada qui, vagabondo,
siediti tra gelsi e viti,
tra acqua e ombra, a fianco di questa pietra bianca,
è qui che sto, ragazzo e Imperatore.

La mia faccia fredda come marmo, le mie mani, i piedi,
vestiti di edera e di foglie cadute,
anch’io ho fallito ad andare lontano,
anch'io una volta ho camminato per il mondo.

Lascia la strada qui, vagabondo,
spremi queste bacche di bosco sulla mia faccia.

EPITAPH Leave the road here, wanderer, | Sit down among mulberries and vines, | Between water and shade, by this white stone, | Here I lie, boy and Emperor. || My face cold marble, my hands, my feet, | Clothed with ivy and fallen leaves, | I, too, failed to get far, | I, too, once walked the earth. || Leave the road here, wanderer, | Crush these wild berries in my face.